Riforma pensioni: al Governo piace la quota 41 con l’assegno ridotto di 300 euro | Lavoratori sconvolti

È braccio di ferro tra Governo e sindacati per quanto riguarda la riforma delle pensioni. Il rischio è quello di assegni troppo bassi.

La nuova proposta del Governo non piace né ai sindacati né, men che meno, ai lavoratori. Dopo una vita di sacrifici si rischia una pensione da fame.

Riforma delle pensioni e quota 41
Riforma delle pensioni: per alcuni lavoratori saranno guai – Moneystuff.it

Prezzi sempre più alti, bollette alle stelle, rate dei mutui fuori controllo. I bonus possono essere un valido aiuto temporaneo ma non possono essere visti come la soluzione definitiva. Anche perché i bonus continuano a svuotare le casse dello Stato. La soluzione è aumentare il potere d’acquisto dei cittadini con misure che incrementino stipendi e pensioni. La riforma fiscale è stata pensata per andare in questa direzione: grazie all’abbassamento delle percentuali Irpef, lavoratori e pensionati avranno redditi più alti. Ma la nuova proposta inerente le pensioni rischia di annullare gli effetti positivi di una minor pressione Irpef. I sindacati sono già pronti a dare battaglia.

Riforma delle pensioni: la proposta del Governo

La coperta è corta, si sa. Non si possono, al contempo, rifinanziare tutti i bonus, introdurre due nuovi sussidi al posto del Reddito di cittadinanza e agevolare le misure di prepensionamento. Qualcuno rischia di rimetterci e potrebbero essere proprio i futuri pensionati.

Riforma delle pensioni, proposta del Governo
Si rischiano pesanti decurtazioni – Moneystuff.it

Fino alla fine del 2023 sarà in vigore Quota 103. Grazie a questa misura una persona può andare in pensione a 62 anni se ne ha maturati almeno 41 di contributi. L’obiettivo del Governo Meloni è il superamento della legge Fornero e l’introduzione per tutti di Quota 41: tutti in pensione al raggiungimento di 41 anni di contributi a prescindere dall’età. Il problema è che – tra bonus e sussidi per contrastare la povertà- le casse dello Stato piangono. Pertanto Quota 41 sì ma “rivisitata”: in pratica tutte le pensioni verrebbero ricalcolate con il sistema contributivo puro che, in termini di importi, non va certo a vantaggio dei contribuenti.

È stato stimato che, in media, con una Quota 41 così strutturata, una persona si troverebbe ad avere una pensione più bassa di circa 300 euro al mese rispetto alla pensione che percepirebbe andando in pensione a 67 anni con la legge Fornero. Le firme sindacali obiettano che è indispensabile che l’Esecutivo trovi il modo di agevolare le uscite anticipate dal lavoro ma garantendo pensioni non inferiori all’80% degli ultimi stipendi. Le due misure, però, sembrano confliggere tra loro.

Il sistema contributivo, infatti, garantirebbe un po’ di respiro alle casse statali anche se penalizzerebbe in misura pesanti lavoratori che hanno versato contributi per una vita. La conseguenza più probabile è che, anche entrasse in vigore Quota 41 già dall’anno prossimo, ben pochi lavoratori sceglierebbero di usufruirne. La stessa Quota 103 ha visto decrescere il numero di domande. Alla fine la legge  Fornero non verrebbe superata e continuerebbe a creare tutti i problemi che sta creando da anni in termini di disoccupazione giovanile.

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