In pensione da subito ma con assegno più basso con il sistema contributivo: la verità su quanto si perde

In Italia come tutti sanno vige un preciso sistema contributivo. Ma in cosa consiste? E soprattutto, cosa ben più importante, quanto si perde?

Il calcolo degli importi pensionistici è cambiato radicalmente pochi anni prima dell’inizio del 2000. Più precisamente nell’annata del 1996, quando la riforma Dini decise di introdurre a livello universale quello che tutti noi oggi conosciamo come “sistema contributivo”. C’è chi lo ha adorato e c’è chi invece ancora oggi lo detesta. Come al solito, già a quei tempi, non è stato facile trovare un parere unico. Ma ci si è comunque dovuti adattare a questo nuovo metodo, volenti o nolenti, applicando le direttive ricevute.

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Il sistema adottato in precedenza, basato interamente sulla retribuzione, era troppo poco meritocratico. Questo sistema andava infatti a considerare di maggiore valore gli ultimi anni di carriera del lavoratore in questione, non tenendo minimamente conto della sua carriera negli anni precedenti al calcolo. Si è così deciso di optare per la formula contributiva, tenendo dunque conto solamente dei contributi che sono stati regolarmente versati. Più anni si trascorrono al di fuori dello status pensionistico, maggiore sarà il calcolo dell’importo.

Lo si può definire dunque un metodo che premia molto di più i lavoratori di lunga data, che non coloro che si sono congedati anzitempo dalla carriera lavorativa. Posta in questo modo, la descrizione circa il metodo contributivo sembra incredibilmente favorevole e vantaggiosa. Ma siamo proprio sicuri che sia così? Probabilmente si fa bene a non esserlo. Facendo un paragone approfondito col metodo utilizzato in precedenza, salterà subito all’occhio il fatto che gli importi attuali siano nettamente più bassi, viste le proporzioni.

Per questo motivo in tanti non apprezzano questa formula. Soprattutto coloro che ormai sono prossimi all’anzianità. I lavoratori del domani, probabilmente, per questioni anagrafiche non sentiranno alcuna differenza in termini effettivi.

Quanto si perde col calcolo contributivo?

Il fatto che il calcolo contributivo sia più sconveniente rispetto a quello retributivo è per via di un fattore puramente numerico. L’importo basato sui contributi tiene conto solo ed esclusivamente di ciò che è stato dichiarato e versato di conseguenza.

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Quello retributivo, invece, faceva leva solo ed esclusivamente sugli importi più alti percepiti dal lavoratore. Si poteva avere molto più margine di guadagno dunque, sia sul breve periodo che sul lungo termine.

Inoltre, il coefficiente principale per determinare il valore dell’importo pensionistico si basa sull’andamento del PIL degli ultimi 5 anni. Che in questo caso, facendo riferimento alla situazione italiana, non è dei migliori. Seppur ci sia una sensibile crescita, infatti, c’è comunque un netto rallentamento rispetto al 2022.

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